TRA ULTRAS E GOMORRA – LE DIFFERENZE
FONTE: GENNARO ASCIONE – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
«Ultras», bello o brutto che sia, offre l’opportunità di pensare al rapporto tra la propria storia e l’immaginario collettivo. E non alla falsa questione del rapporto tra realtà e finzione. Dopo il capolavoro cinematografico «Gomorra», purtroppo, anni di post-savianesimo seriale hanno colonizzato le coordinate con le quali ogni prodotto che ha a che fare con Napoli viene interpretato. Ma non è detto che i tempi non siano maturi per avviare una decolonizzazione dell’immaginario-Napoli. Del resto, ai colonizzati è proibito «immaginare» un racconto a partire dalla propria visione individuale. Dal colonizzato ci si aspetta sempre la «testimonianza» del mondo esotico da cui proviene. E quanto meno fedele il racconto appare, tanto più rabbiosa è la reazione di chi sente messa in discussione la propria modalità di rappresentazione. Afrofuturismo docet.
«Ultras» infastidisce gli Ultras, gelosi dei loro codici e insofferenti per le strumentalizzazioni mediatiche patite. Eppure gli Ultras sono consapevoli del fascino che il loro essere non omologati produce proprio su chi si occupa di cultura di massa: gli striscioni che competono per capacità di sintesi con i titoli del «Manifesto», le rime urbane che portano la forma-poesia dove Leopardi non arriverà mai, il sarcasmo che insegna a ferire quando la lotta è ad armi impari, l’auto-ironia che alle peggiori offese replica adottando l’iperbole come strategia dialettica di contrattacco; e tutte quelle altre forme di espressione che riducono il nemico mortale in un rivale da rispettare. Gelosi e insofferenti, come il giovanissimo Angelo, che non permette a nessuno di tirare in ballo suo fratello morto. Nemmeno al suo mito adolescenziale: ’o Moicano.
«Ultras» disturba chi odia la serie Gomorra , ma anche chi l’ama. Chi l’odia confonde l’aggressività di alcuni personaggi con il fare camorristico che ha imparato ad associare a quel particolare tipo di relazioni umane che contraddistinguerebbe la vita nella città di Napoli. Peccato che, nei racconti, raramente si faccia a meno del cattivo. E in «Ultras», Gabbiano è il cattivo. Chi ama Gomorra , invece, va in astinenza da adrenalina, perché «Ultras» è un film costantemente sottotono. Spesso i dialoghi sono rarefatti, in registri linguistici giustapposti come lo sono nella Napoli di oggi, e difficilmente diventeranno aforismi ad effetto, perché tutt’uno con le immagini in movimento; la solennità stona, e le relazioni sono sfibrate ma dense. Rarefatti, come sono gli scambi verbali al tempo delle chat, dove la solennità sembra appartenere a un’altra era geologica, e le relazioni umane sono proprio così: sfibrate ma dense.
«Ultras» disgusta chi pensa che il film sia la storia di Ciro Esposito. È giusto. Anche io ho pensato alla morte che mi ha fatto più rabbia. La morte ingiusta, in un collage trasfigurato di storie. Ciro Esposito, 31 anni, morto sparato per mano di un neofascista ultrà della Roma nei pressi dello Stadio Olimpico prima di una partita in cui la Roma non giocava. Gabriele Sandri, 38 anni, morto sparato per mano di un agente di Polizia di Stato nell’area di Servizio di Badia al Pino, in provincia di Arezzo, durante un tafferuglio tra tifosi della Lazio e della Juventus. Carlo Giuliani, 23 anni, morto sparato per mano di un militare dell’Arma de Carabinieri durante gli scontri di piazza tra manifestanti e forze dell’ordine a Genova in occasione del G8. Davide Bifolco, 16 anni, morto sparato alle spalle per mano di un militare dell’Arma dei Carabinieri in seguito alla violazione dell’Alt intimato al conducente del mezzo sul quale si trovava. Ugo Russo, 15 anni, morto sparato alle spalle per mano di un militare dell’Arma dei Carabinieri in seguito alla fuga dopo un fallito tentativo di rapina, insieme ad un coetaneo, ai danni del militare fuori servizio.
Ho pensato anche a Carmelo Bene: «Un Amleto di Meno» (1972), nel quale i personaggi del film conservano solo i nomi di quelli della tragedia shakespeariana. Ho pensato: «Ultras», una Gomorra di meno.
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